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Le Isole Pelagie, paradisi del birdwatching

L’arcipelago delle Pelagie costituisce da sempre una meta ambita dagli ornitologi, poichè rappresenta un crocevia importante per le migrazioni di molte specie di uccelli e sovente offre l’occasione di imbattersi in vere e proprie rarità.

Il turismo ornitologico è un particolare turismo naturalistico centrato sull’osservazione dell’avifauna. L’arcipelago delle Pelagie costituisce da sempre una meta ambita dagli ornitologi, poichè rappresenta un crocevia importante per le migrazioni di molte specie di uccelli e sovente offre l’occasione di imbattersi in vere e proprie rarità. Diversi gruppi di birdwatchers, professionisti o appassionati, raggiungono ogni anno queste isole nei periodi primaverili o autunnali per osservare e fotografare le più disparate specie di uccelli che, puntualmente, sostano su di esse prima di raggiungere i luoghi di riproduzione o di svernamento. Accanto a questi ospiti temporanei, ci sono anche delle specie che hanno scelto Lampedusa, Linosa e Lampione come siti per la loro nidificazione: la berta maggiore mediterranea Calonectris diomedea e la berta minore Puffinus yelkouan. Si tratta di uccelli marini, appartenenti all’ordine dei Procellariformi, che passano tutta la loro vita in mare e ritornano a terra soltanto per riprodursi. Linosa ospita la più grande colonia europea di berta maggiore e la seconda del Mediterraneo (la prima si trova a Zembra, un’isola della Tunisia). Anche a Lampione è presente una piccola, ma importante, colonia di questa specie, mentre Lampedusa ospita diverse centinaia di coppie di berta minore.

Il monitoraggio delle berte nidificanti a Linosa e Lampione per controllare eventuali minacce alle popolazioni è una delle attività principali di Berta maris, un’associazione che persegue la conservazione della biodiversità nelle isole del Mediterraneo. In questo senso tra le altre attività l’associazione controlla la popolazione felina di Linosa per cercare di ridurre il rischio di predazione dei gatti nei confronti degli ucceli migratori. Le isole rappresentano gli unici luoghi per la riproduzione delle berte poiché, in origine non ospitavano ratti o altri mammiferi predatori. L’uomo ha, però, modificato tale caratteristica introducendo, accidentalmente o volontariamente, ratti,  gatti e cani che possono predare rispettivamente, uova, pulcini e uccelli adulti. 

Le attività dirette di conservazione svolte dall’associazione si affiancano a quelle di comunicazione. Le berte sono uccelli poco conosciuti dai non addetti ai lavori e un’attività di disseminazione delle conoscenze sullo stato di salute delle popolazioni, sulla biologia, ecologia ed etologia di questi uccelli potrebbe contribuire notevolmente a sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi ambientali legati alla protezione del mare e delle sue risorse e sulla conservazione della biodiversità marina. 

Per questo motivo, Berta maris si propone anche di favorire un turismo esperenziale, attraverso proposte, quali la visita della colonia, l’osservazione delle aggregazioni a mare (raft) di questi uccelli, gli ascolti dei loro canti, che permettano ai partecipanti di acquisire familiarità con le berte, affiancando la trasmissione di informazioni scientifiche al coinvolgimento emotivo. Constatare la dedizione e la cura con cui i partner della coppia covano il loro prezioso e unico uovo, contemplare la tenerezza suscitata dal pulcino che con pazienza attende le tenebre, quando uno dei genitori tornerà ad alimentarlo, osservare le aggregazioni di centinaia o migliaia di individui, che al calar del sole si radunano prima di raggiungere i loro nidi costituiscono esperienze uniche e indimenticabili. Le sessioni dedicate all’ascolto del loro canto, infine, possono rivelarsi eventi suggestivi, in cui la persona è immersa in vere e proprie sinfonie primordiali che, risuonando sotto il cielo stellato, inebriano l’udito e proiettano in un’ atmosfera atavica e mitologica. Non a caso le berte, in particolare quelle maggiori, hanno ispirato numerose leggende . Vengono, ad esempio, associate alle sirene di Ulisse e all’origine di Napoli. Le sirene della mitologia (quelle di Omero), in origine, erano raffigurate come esseri dal volto di donna e dal corpo di uccello. Esse incantavano gli uomini con il loro canto spingendoli ad una conoscenza totalizzante che li distoglieva anche dai legami familiari. I marinai che, attratti dai canti, sbarcavano sulla loro isola vi morivano. Ulisse però, consigliato da Circe, riuscì ad avere la meglio. La sirena Partenope non riuscì a sedurre l’eroe e, non accettando il rifiuto, per il dolore, si gettò dalla roccia più alta. Le onde portarono il suo corpo fino al golfo di Napoli dove si dissolse dando forma alla città di Napoli.

Inoltre, l’epiteto specifico diomedea trae le sue origini da un’altra leggenda che avvicina la berta maggiore a Diomede e alle isole Tremiti. L’eroe, infatti, secondo alcune versioni naufragò vicino l’isola di San Nicola tra la disperazione dei suoi fedelissimi che vennero trasformati in uccelli (le berte, appunto) da Afrodite, affinché il loro richiamo lamentoso suonasse in eterno come canto funebre.

Ancor più fitto è l’alone di mistero che avvolge le berte minori, a causa del loro comportamento estremamente elusivo, del loro inquietante canto, della loro tendenza a nidificare in zone irraggiungibili, in tunnel profondi anche venti metri. Spesso i turisti, intenti a consumare i loro aperitivi sulle scogliere, sono ignari dello spettacolo che si sta svolgendo a poche decine di metri da essi. Centinaia di piccole berte si concentrano sul mare a poca distanza dalla costa dell’isola, in direzione del tramonto, e tutte insieme, come un unico organismo immateriale, similmente ad un vascello fantasma, appaiono e scompaiono agli occhi dell’osservatore a seconda del movimento dell’onda. E in questo susseguirsi di apparizioni e sparizioni, aspettano il loro momento, la notte, per dare inizio ai loro canti.

In questa cornice, lo scopo delle attività proposte da Berta maris è quello di rendere gli abitanti e i viaggiatori consapevoli della presenza e dell’importanza di questi uccelli, che essendo predatori ai vertici delle catene alimentari contribuiscono a tenere in salute il mare e, di conseguenza, l’intero Pianeta.