Modugno, Lampedusa e la fatale emozione sulla spiaggia

Un interessante resoconto delle ultime ore di vita di Domenico Modugno a Lampedusa, sulla spiaggia dell'Isola dei Conigli, dove perse la vita il 6 agosto 1994.

Oggi, non so esattamente come, mi sono ritrovato nell’archivio storico del Corriere della Sera, e tra un titolo e un altro mi sono imbattuto in un interessante resoconto delle ultime ore di vita di Domenico Modugno a Lampedusa, redatto da Felice Cavallaro. Lo ripropongo per intero senza altri commenti.

LAMPEDUSA, 6 AGOSTO 1994
Un equivoco con due ragazzi del WWF per una tartaruga vissuto come un’offesa dal sessantaseienne cantante. Oggi l’addio a Roma

Ricostruito il pomeriggio prima dell’infarto. Il figlio Massimo: “Niente polemiche”. Calvario nella notte per prelevare la salma dalla sua casa. Nella bara ha voluto sabbia e acqua dell’amata isola di Lampedusa col cilindro e il bastone dell’ “uomo in frac” Camera ardente nella villa sull’Appia antica. Alle 17 i funerali. L’Italia commossa. La moglie Franca: resterà vivo con le sue canzoni

Il suo tavolo al bar Royal, sul corso di Lampedusa, ieri sera era vuoto. Come succedeva quando ritardava per il solito aperitivo e i camerieri invitavano i turisti a lasciarlo libero perché “riservato”. Ma nessuno vedrà più Mister Volare su quella seggiola in prima fila, davanti al teatro del passeggio, con famigliole, bambini e belle ragazze che si fermavano per l’ autografo o per un sorriso.

Domenico Modugno non c’è più perché s’è accasciato senza vita dopo una litigata con due ragazzi del WWF, sulla soglia della sua casa con le arcate a vetri aperte sullo spettacolo dell’Isola dei Conigli, la baia più bella di Lampedusa, dorata, dalla finissima sabbia scelta dalle tartarughe per depositare le uova. “Se ne è andato davanti al mare dipinto di blu, al tramonto, sul lembo di terra che più amava”, sussurra senza risentimento Franca Gandolfi, la moglie di quest’uomo che ha vissuto con tormento gli screzi con gli ambientalisti più severi, da lui querelati tre volte l’anno scorso perché avrebbe voluto tornare a casa la sera senza trovare una catena con lucchetto sulla ripidissima trazzera tutta fossi.
Frizioni in parte superate. Daniela Freggi, la coordinatrice dei volontari del Wwf, qualche giorno fa era andata a trovarlo per mostrargli i nidi presidiati notte e giorno. Ricorda con rammarico: “In effetti il mio predecessore era stato troppo intransigente”. Ed era tornata lì anche sabato sera, con una tartaruga da 25 chili trovata fra le reti dei pescatori, curata e pronta per essere restituita al mare. Il vecchio Mimmo era stanco perché nel pomeriggio aveva nuotato per tre ore, ma aveva accolto volentieri l’invito a seguirla, fino alla battigia, fra pescatori, turisti e fotografi. Sembrava il giorno della riappacificazione. E Modugno era felice. Proprio a due passi dal mare, quando pensava di dover prendere la tartaruga per adagiarla in acqua, due ragazzi però se ne erano impossessati, la folla s’era stretta attorno e lui, malfermo con quel suo malanno che impediva al corpo di ricevere gli ordini del cervello e del cuore, s’era visto risucchiare indietro. Forse un equivoco, vissuto come un’offesa, quasi un’umiliazione. E il cuore ha cominciato a battere forte. Al figlio Massimo hanno riferito le parole di quegli istanti: “L’avete fatto apposta, mi prendete in giro un’altra volta…”. Nervoso, o “annerbato” come dice il suo fedele autista Salvatore, Modugno è tornato sui suoi passi, salendo sulla jeep che l’aveva seguito per rientrare a casa, sudato, irato, abbandonato su una poltrona per pochi minuti. Gli ultimi.
Affannato, s’è alzato, ha guardato il mare dipinto di blu e con la destra al petto, è rovesciato sul prato, invocando un “aiuto” che nessuno poteva più dargli. Nemmeno le amiche Emilia ed Ernesta, due anestesiste giunte con lui qui per l’ultimo calvario, adesso evocato da questa stradella inaccessibile prima all’ambulanza, poi al carro mortuario. Tanto che nella notte il suo amico Claudio Canovi, l’avvocato romano di tante querele, dopo aver trovato una bara e un fuoristrada, ha composto la salma sul cassone, risalendo lungo il pendio che il pretore di Agrigento ha impedito di ripristinare. Sbandando e sbuffando, tremando al buio per la bara sballottolata sotto gli occhi impietositi della vedova e di un piccolo corteo di amici a piedi, è stato possibile conquistare la cima, mentre da New York il figlio Marcello si metteva in viaggio verso Fiumicino, per l’appuntamento con i fratelli Marco e Massimo, poi tutti imbarcati sul volo del pomeriggio, quando ormai il corpo di papà riposava nella vecchia chiesetta sconsacrata della Guitgia, riadattata da Modugno come approdo saltuario per evitare la fatica di quel pendio. Ecco un altro angolo amato dal poeta di Sanremo, trasformato in un’oasi colorata di rosa, di fronte al mare e all’ultimo tratto della pista dove gli aerei ruotano su se stessi dopo l’atterraggio, comparendo fra le case di tufo con un effetto simile alla nave di “Amarcord”.

Anche queste immagini felliniane avevano fatto scattare l’amore per Lampedusa confermato nella sua ultima volontà: di portare con sé nella bara una foto e due boccette con acqua e sabbia dell’Isola dei Conigli, oltre al cappello e al bastone dell’uomo in frac.

E Massimo, il figlio che canta come papà, invita tutti a smorzare la polemica: “Non vorremmo ricordarlo per una lite con due ambientalisti troppo zelanti. Lui diceva di essere una tartaruga ed è morto sulla sua spiaggia come una tartaruga”. Come dice la signora Franca, con due orologi al polso per sentire vicino il suo uomo con un suo oggetto: “Vorrei che di Mimmo si parli da vivo perché sarà sempre vivo con le sue canzoni”. Parole ripetute a sera, nel piccolo santuario di Porto Salvo, prima che un aereo privato portasse Mister Volare a Roma.

Dopo l’atterraggio a Ciampino, la salma è stata trasportata nella villa di Modugno sull’Appia antica dove è stata allestita una camera ardente. Alle 17 di oggi si svolgeranno i funerali nella chiesa di S. Sebastiano. E l’Italia commossa saluterà il suo Mimmo.

Felice Cavallaro – Corriere della Sera, 6 agosto 1994

Ecco un video rarissimo, datato 26 agosto 1992, che immortala alcuni emozionanti momenti di vita quotidiana di Domenico Modugno a Lampedusa – all’Isola dei Conigli – immerso in quel mare che lui amava definire «la piscina di Dio»:

Aggiungo un estratto di un altro articolo – questa volta di Gino Castaldo per La Repubblica, datato 3 febbraio 2008 – dove la moglie di Modugno, Franca Gandolfi racconta nei particolari la vicenda del rilascio della tartaruga all’Isola dei Conigli, ovvero il fatale equivoco tra l’artista e i volontari presenti quel giorno.

“Era un nuotatore straordinario” ricorda la moglie, “anche dopo la malattia, anzi si sentiva più libero in acqua, andava al largo, lontanissimo. Gli ultimi giorni li ha vissuti a Lampedusa. Quella sera siamo andati al solito caffè, a prendere il gelato di nocciola, vennero tutti i suoi vecchi amici, e stava benissimo, sembrava quasi che non avesse avuto la malattia. Quel giorno si era fatto tre ore in mare, lo avevo rimproverato, e lui rispose come sempre: “Mi va così”, quasi con sfida. La sera poi arrivarono quelli del WWF, dovevano mettere in mare una tartaruga, e dissero a Mimmo se aveva voglia di farlo lui. Ci aveva sempre litigato perché quei ragazzi a volte esageravano, allora lui, per riconciliarsi con loro, si mise la maglietta del WWF e si avviò a piedi sulla spiaggia, era una distanza lunga e poi sulla sabbia, una gran fatica. C’era un sacco di gente a fotografare, lui in mezzo che camminava col bastone sulla spiaggia. Un ragazzo portava la tartaruga e quando arrivarono al bagnasciuga prese e la buttò a mare. Mimmo si arrabbiò come un matto perché diceva: ma come, tutta questa strada perché dovevo buttarla in mare io e poi… Pensava che l’avessero fatto apposta per prenderlo per il culo. Si arrabbiò come un matto e si sentì male”.

Non l’avevano fatto apposta. Solo dopo si è saputo che il ragazzo che portava la tartaruga era sordomuto, non aveva sentito le proteste di Modugno. Per una volta, la fortuna in cui aveva sempre creduto, gli aveva voltato le spalle e proprio di fronte al suo mare.

A 66 anni, dieci dei quali passati a lottare contro l’ictus che lo colpì nel 1984 e che lo aveva paralizzato per metà, «Modugno ha voluto morire da vero meridionale, sotto il sole d’estate, vicino al mare, di blu in blu, dopo aver beffato la morte per un decennio», come disse un critico all’epoca.

Articolo di Luca Siragusa
Testi: Corriere della Sera, La Repubblica
Foto e Immagini: Marco Bartolucci, Kocis Scudellari, Antonella Cucchiara, Pietro De Seta

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